“Mi intimorisce ciò che potrei suscitare nella persona che guarda il proprio ritratto”: inconsciamente Giulia Milani, studentessa all’Accademia di Belle Arti di Venezia, cerca se stessa e si racconta attraverso i visi che dipinge. Affascinata soprattutto dall’immagine della donna, la giovane artista legge e riconosce la sua stessa fragilità nel mondo femminile che, presentato in primo piano, emana un profondo senso di malinconia.
“Il dettaglio che fa la differenza sta nel volto”: così la pittrice, classe ’96, spiega i dipinti “Letizia” e “Carolina”. Espressioni tristi, sorrisi spenti e sguardi pensierosi sono il riflesso delle insicurezze e delle paure dell’artista. Le giovani amiche, colte nel silenzio e nella solitudine, sono assorte nei propri pensieri, il cui peso è manifestato dal gesto inconsapevole della mano che regge o sfiora la testa.

“Letizia”
Oltre l’immobilità dei volti, si apre uno scenario fatto di confusione e di movimento: questi ritratti sono l’espressione di un conflitto aperto che spera di essere risolto o spiegato nell’atto di dipingere. È il rapporto conflittuale con la madre, con l’origine di sé e con la propria identità che viaggia lungo le trame intricate di ogni sua tela.
“Carolina”
La passione per il volto porta la pittrice ad esplorare anche un’altra età, un’altra pelle: affascinata dai visi rugosi degli anziani, Giulia include nella propria produzione ritratti di persone a lei care, come la nonna “Tosca”. Col passare del tempo la saggezza è forse piena di nostalgia per qualcosa che è stato e che non tornerà.
“Tosca”
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