“Deformo come piace a me”: i dipinti di Silvia Baldisserotto alludono alla natura fino ad eluderla, in costante bilico tra ciò che non è e ciò che potrebbe essere. Contesti indefiniti, atmosfere sognanti, un cosmo immaginario che gioca con la mente. Pittura come scappatoia o come nascondiglio in cui proteggersi. Diplomata presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, la giovane pittrice classe ‘96 crea sulle sue tele una visione irripetibile a cui può accedere solo chi è capace di vederla coi propri occhi.
Nell’intero ciclo pittorico dell’artista, lo spettatore è messo di fronte ad un mondo già dato, rimesso in ordine secondo un metodo preciso. Una luminescenza improvvisa scombina i pezzi della realtà fatta di paesaggi, grotte, ghiacciai, cespugli che appaiono in forme nebulose, riconoscibili a fatica, come nel dipinto “Cascate”. È la rappresentazione del fosfene, fenomeno percettivo che distorce le cose attraverso illusioni ottiche, tipico di chi ha vissuto troppo al buio.

“Cascate”
Dal contrasto segnico di luci e ombre, un flash, un miraggio o un bagliore scuote le cose come in un vortice o un magma incandescente. A guardar bene, dalle macchie di colore sembra possibile estrapolare profili simili a presenze, volti o figure umane. Nel quadro “Condensazione” la pittrice definisce solo alcuni elementi, lasciandone in bilico altri. Un filo sottile su cui cammina l’uomo, tra cielo e turbine, al quale ci si aggrappa pur di non ascoltare il proprio dolore.

“Condensazione”
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